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Messaggio Da simpep Lun 28 Dic 2015, 12:20

zivago ha scritto:. . . .
Attendo dunque, caro Simone, delle ghiotte citazioni (in questo e in altri thread del forum) dal tuo “dizionarietto siciliano”.

Beh visto che ci sarà almeno un amico a leggere questo argomento.......

Cominciamo con un detto siciliano particolare e, sembra, anche molto antico.

"A chìstu ci fèti u còddu i sìvu"
(ho accentato le vocali per aiutare la corretta lettura )

La cui traduzione letterale sta per : "A questo qui il collo puzza di sego"

Questa espressione veniva utilizzata per evidenziare il rischio imminente di essere impiccato.

"U sivu" sta per il grasso giallo di maiale.
Più vicino ai giorni d'oggi, la parola viene utilizzata rivolgendosi a chi ha l'abitudine di scherzare anche con le mani.
La parola si usa anche per esprimere un'idea di sporcizia si fisica che di pensiero.
L'espressione "voli u sivu" (lui vuole il sego) viene spesso utilizzata per indicare un regalo fatto per ottenere da qualcuno qualcosa di poco lecito.
Con lo stesso senso del moderno italiano del "pagare la mazzetta".

a presto > Allenare il dialetto 3524214560 sim


Ultima modifica di simpep il Mar 29 Dic 2015, 09:54 - modificato 4 volte.
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Messaggio Da zivago Lun 28 Dic 2015, 13:57

Bravo simpep ! ok

A me sono sempre piaciuti i proverbi, gli aforismi, i motti popolari: soprattutto quelli in forma dialettale.
Considero i detti popolari come un distillato di saggezza derivante da concrete esperienze vissute da generazioni e generazioni di nostri antenati.
Anche quando si rifanno a superstizioni o false credenze, sono comunque filtrate dalla viva storia del nostro popolo. Sono parte integrante della nostra cultura. Ci dicono come siamo e da dove veniamo evidenziando, nel bene e nel male, i pregi e i difetti delle nostre genti.
Sempre meglio della becera cultura che oggi ci viene propinata dai reality televisivi.

Se posso però, caro Simone, vorrei darti un suggerimente per arricchire la discussione.
Potresti, se vorrai, cambiare il titolo del thread in, per esempio, "Canzoniere dialettale", oppure "Parla come mangi", o ancora "Correre e vernacolare".
Insomma: vedi tu come dare alla discussione un titolo che consenta, a ognuno di noi, di riportare una citazione dal proprio dialetto.
Potrebbe essere interessante e bello leggere qualche considerazione dialettale sulle proprie corse, sul fatto del giorno o su qualsivoglia personale vicissitudine.
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Messaggio Da simpep Mar 29 Dic 2015, 01:37

Bene. Proviamo allora a sostituire il titolo con "Allenare il dialetto".
Così sganciamo il thread dal solo dialetto siciliano.

Adesso rimaniamo in attesa di leggere qualche altro intervento di "allenamento dialettale"
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Messaggio Da zivago Mar 29 Dic 2015, 12:13

Partecipo volentieri a questo gioco citando un detto in brianzolo-milanese che, caro Simone, riguarda noi “vecchietti” e i nostri acciacchi di stagione.

“ L’è el cald, l’è el fregg… l’è l’asen che l’è vegg ”.
Traduzione: “È il caldo, è il freddo… è l'asino che è vecchio”.

Un tempo gli inverni, qui in Brianza, erano veramente freddi. Non sono sicuro se le temperature fossero davvero tanto più basse: per confermarlo bisognerebbe analizzare bene le rilevazioni statistiche.
So però per certo che il freddo invernale era percepito molto più di oggi: le case erano gelide, gli indumenti erano sì pesanti ma molto meno “isolanti” e più permeabili all'umidità, l'alimentazione era decisamente meno ricca e varia di quella odierna.
Ricordo che c'era sempre “la scighera” (la nebbia) a volte così impenetrabile e inquietante da essere chiamata “el luff “ (il lupo). Spesso scendeva “la fioca” (la neve) e i mattini di gennaio erano tutto un “giass” (ghiaccio) e “galaverna” (fioritura di ghiaccio su cose e piante provocato dalla nebbia gelata).

In quelle condizioni i malanni erano assicurati. Le cure erano fatte con rimedi casalinghi a base di suffumigi e pappine calde. I giovani, ovviamente, guarivano in fretta; i vecchi trascinavano a lungo raffreddori, bronchiti e, nei casi più gravi, polmoniti che sovente erano letali.
Gli anziani davano la colpa al tempo “ L’è el cald, l’è el fregg ” ma erano perfettamente consapevoli che le loro malattie erano principalmente dovute alla vecchiaia: “ l’è l’asen che l’è vegg ”.

Saludi a tucc. (Saluto tutti).
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Messaggio Da simpep Mar 29 Dic 2015, 22:04

Ritorniamo al siciliano.
"A cassata"
ovvero "La cassata"
Chi non conosce questo dolce ?
Credo pochi, perché è diventato sinonimo di torta siciliana.
Questa parola è stata usata per la prima volta in un testo del 1312 : cassatas ad vendendum (cassate da vendere).
Le origini di questa parola derivano da caseus (cacio), un pasticcio fatto con farina e cacio.
Successivamente, alla semplice ricetta di questo dolce sono state mescolate delle uova e prese il nome di caseata il quale poi mutò ancora in cassata.
Tuttavia alcuni affermano che la sua origine è araba a derivazione di un impasto di ricotta e zucchero noto come qas'at.
Nel periodo normanno a questo dolce venne aggiunto la martorana, un composto di farina di mandorle e zucchero inventato dalle suore del convento della Martorana.
Successivamente furono gli spagnoli ad aggiungere il pan di spagna e il cioccolato.
Infine nel periodo barocco vennero utilizzati anche i canditi.
Fu il pasticciere palermitano Salvatore Gulì che in occasione di una manifestazione creò la, poi divenuta famosa, zuccata.

Storia a parte, "La cassata" un dolce squisitissimo è ! Allenare il dialetto 3524214560 >sim

(info tratte dal libro "Ammogghia sta atta" di Pietro Moceo - Dario Flaccovio Editore)
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Messaggio Da zivago Gio 31 Dic 2015, 12:03

simpep ha scritto:Ritorniamo al siciliano.
"A cassata"
ovvero "La cassata"
Rimbalziamo al brianzolo-milanese…
Per assonanza mi viene da dire:
“ La Cassoeula ”

Si tratta di un tipico piatto lombardo a base di verza e maiale; altrimenti detto “Bottaggio alla milanese”.
È una preparazione invernale fatta cuocendo in umido verze, sedani, carote e varie parti del maiale.
Chi ne fosse interessato può trovare in rete il dettaglio della preparazione in numerose varianti.
Io ve la racconto così come la ricordo, quando da bambino stavo con i miei nonni contadini.

Tra dicembre e la prima parte di gennaio, secondo la luna, il freddo e la disponibilità del “becchee” (il macellaio) si ammazzava “el purscel” (il maiale).
Dalla bestia si ricavava principalmente carne da macinare per fare salami, grasso per lardo, pancetta e strutto. Ogni parte veniva spolpata e sgrassata fino all'inverosimile. Alla fine rimanevano solo “el crapon” (la testa), “el cueìnn” (il codino), “i pescieù” (i piedini) “la cudega” (la cotenna) e “i custitt” (le costine molto spolpate).
In un enorme calderone (dal quale forse deriva il termine “cassoeula” ) venivano rosolate e poi sfumate con vino rosso: le cotenne, i piedini, il codino, il muso, le orecchie e le costine. Poi si aggiungevano le verdure, le spezie e quindi, in grande quantità, le verze. Se ce n'erano venivano aggiunte anche delle file di “verzitt” (piccoli salamini appena insaccati). Il tutto veniva lasciato sobbollire sul camino per ore e ore. A parte si preparava una gigantesca polenta.
Cotto il tutto, iniziava “la gran paciada” (la grande abbuffata).
Non si trattava solo di soddisfare i robusti appetiti di quei contadini (la fame storica del proletariato); “la paciada” era un festoso rito che prevedeva la recita di filastrocche, canti popolari (e politici), interminabili racconti che richiamavano alla memoria le gesta di nonni, bisnonni, trisavoli, parenti e amici di ogni genere.
Ovviamente i fiaschi di vino prosciugati non si contavano. In quelle occasioni “se tazzava el vin”: cioè non veniva bevuto da normali bicchieri di vetro, ma veniva sorbito dalla “tazza” (scodella in terracotta).

La liturgia della “cassoeulada”  poteva andare avanti anche per 2-3 giorni.
Credo che, alla fine, il computo calorico ammontava a migliaia di Kcal.
Non ricordo però dei contadini o degli operai grassi: erano tutti “magher mei biss” (magri come bisce). Grassi erano invece: “el cervellee” (il macellaio-salumiere), “el  mugnee e el prestinee” (il mugnaio e il panettiere), “el spiziee” (il farmacista), “el nudar” (il notaio), “el prevost” (il prete).
I miei nonni però dicevano che: « Mei vèss un padrun màgher che ’n servidur grass » (Meglio essere liberi e magri che servi grassi).

Buon anno a tutti.
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Messaggio Da simpep Mar 12 Gen 2016, 22:43

Sempre dal siciliano:
"A Grattatélla"

Ovvero la granita dei poveri.
Da ragazzino con i pantaloni corti, ricordo che nei pomeriggi estivi afosi della Palermo degli anni 50, nella strada di casa, dove abitavo, spesso si sentiva per strada la voce di un uomo che spingendo un carrettino "abbanniàva"  ovvero pubblicizzava ad alta voce la propria merce.
Gridava: "A grattatélla . . . . a grattatélla". (l'accento è sulla "e")
Dopo un po si presentavano un bel gruppo di bambini con un bicchiere vuoto e 10 Lire.
Tutti si allungava il braccio con il  bicchiere verso l'uomo gridando "menta . . . menta..." oppure "fraula . . . fraula".
Dopo aver pagato si andava via con il bicchiere pieno di ghiaccio grattato.
Questa pseudo-granita veniva prodotta al momento dal tipo del carrettino spostando avanti e indietro un attrezzo tipo pialla sopra un blocco di ghiaccio contenuto in una tinozza coperta con un sacco di tela.
Poi il signore del carrettino colorava di verde o di rosso il ghiaccio tritato posto nel bicchiere versando un po di sciroppo di menta o di fràula (fragola).
Ma soddisfatto, mentre mi incamminavo verso casa sorseggiando la frescura, ricordo che di menta o di fragola vi era solo il colore.

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Messaggio Da castoro Mer 13 Gen 2016, 05:45

per restare in tema vorrei proporre una canzone napoletana "tu si na cosa grande pe me" del grande domenico modugno e cantata poi negli anni da diversi artisti. Qui ripropongo la versione di Renato Zero che ho sempre adorato:

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http://www.robertotiberi.it/

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Messaggio Da marina Ven 15 Gen 2016, 11:31

Bella in questa versione!! Smile

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Messaggio Da -francesco- Ven 15 Gen 2016, 12:22

@sim: mi sembra l'equivalente della grattachecca romana.
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Messaggio Da simpep Ven 15 Gen 2016, 12:34

-francesco- ha scritto:@sim: mi sembra l'equivalente della grattachecca romana.

Si è la stessa.
Ho fatto ancora una piccola ricerca e l'ho trovata nota pure in altre città meridionali con nomi diversi.

Napoli . . . . . . . . "rattata"
Bari . . . . . . . . . ."grattamarianna"
Calabria . . . . . . ."scilupetta", molto simile ma usa neve fresca e succo di fichi.

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Messaggio Da Federoca Ven 15 Gen 2016, 14:25

simpep ha scritto:Sempre dal siciliano:
"A Grattatélla"

Ovvero la granita dei poveri.
Da ragazzino con i pantaloni corti, ricordo che nei pomeriggi estivi afosi della Palermo degli anni 50, nella strada di casa, dove abitavo, spesso si sentiva per strada la voce di un uomo che spingendo un carrettino "abbanniàva"  ovvero pubblicizzava ad alta voce la propria merce.
Gridava: "A grattatélla . . . . a grattatélla". (l'accento è sulla "e")
Dopo un po si presentavano un bel gruppo di bambini con un bicchiere vuoto e 10 Lire.
Tutti si allungava il braccio con il  bicchiere verso l'uomo gridando "menta . . . menta..." oppure "fraula . . . fraula".
Dopo aver pagato si andava via con il bicchiere pieno di ghiaccio grattato.
Questa pseudo-granita veniva prodotta al momento dal tipo del carrettino spostando avanti e indietro un attrezzo tipo pialla sopra un blocco di ghiaccio contenuto in una tinozza coperta con un sacco di tela.
Poi il signore del carrettino colorava di verde o di rosso il ghiaccio tritato posto nel bicchiere versando un po di sciroppo di menta o di fràula (fragola).
Ma soddisfatto, mentre mi incamminavo verso casa sorseggiando la frescura, ricordo che di menta o di fragola vi era solo il colore.

Allenare il dialetto 3524214560 >sim

Mi fai ricordare la splendida granita che mi gusto quando ho la fortuna di passare le vacanze in Sicilia... non ha proprio nulla a che vedere con quella di cui parli tu, io di solito la prendo metà gusto mandorla, metà gusto caffè, panna montata e una brioche che è la fine del mondo...
Quanto mi manca la Sicilia...

Visto che siamo in tema, rimango sempre in Sicilia e vi presento
U CUDDURUNI una specialità tipica della zona di Lentini (SR), di dove è originario il mio compagno. E' a metà tra una pizza e una focaccia, ma però chiuso tipo calzone, con il ripieno all' interno. Credo che la ricetta originale fosse con i broccoletti, ma con il tempo ha conosciuto tutte le varianti del caso e si può riempire come si vuole!
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Messaggio Da Federoca Ven 15 Gen 2016, 14:28

Già che ci sono, torno a casa mia, Parma, e vi riporto un modo di dire che si una spesso con chi è un pò agitato risata :
Tòla su dolsa
che si può tradurre con prendila con calma, non arrabbiarti.
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Messaggio Da simpep Mer 20 Gen 2016, 14:41

Sempre siculo è !

"A trasitura"

Tradotto letteralmente "L'entrata"  o "L'imboccatura"

L'azione di una persona influente per favorire chi la chiedeva.
Lo scopo era quello di essere introdotto in un qualche ambiente altrimenti inaccessibile.

Oggi forse si direbbe "La raccomandazione"

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Messaggio Da zivago Mer 20 Gen 2016, 15:21

simpep ha scritto:Sempre dal siciliano:
"A Grattatélla"
Ovvero la granita dei poveri.
Da ragazzino con i pantaloni corti, ricordo che nei pomeriggi estivi afosi della Palermo degli anni 50, nella strada di casa, dove abitavo, spesso si sentiva per strada la voce di un uomo che spingendo un carrettino "abbanniàva"  ovvero pubblicizzava ad alta voce la propria merce.
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A proposito del “giass” (ghiaccio)…

Nella zona collinare dell'Alta Brianza ci sono 5 piccoli laghi naturali di origine glaciale (*): l'Alserio, il Montorfano, il Pusiano, l'Annone e il Segrino.
Allenare il dialetto Alseri10

Fino all'inizio degli anni 60, presso il Lago di Alserio, c'era la “fabrica del giass”. Ancora oggi, insieme a tanta altra archeologia industriale sparsa per la Brianza, ne rimangono le rovine.
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Anch'io ricordo che, quando ero bambino, per il paese girava un “Motocarro Guzzi”
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che trasportava grossi lingotti di ghiaccio provenienti da quella “fabrica del giass”. Veniva venduto ai macellai, ai pescivendoli, alle osterie e forniva anche le case che avevano la ghiacciaia.
Allenare il dialetto Ghi10

Quando non si voleva saldare un debito o mantenere un impegno preso si diceva:
« Segnel in sul giass » (Segnatelo sul ghiaccio)

(*)  Per chi si trova da quelle parti segnalo che attorno a questi laghi ci sono delle magnifiche strade e sentieri per correre.
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Messaggio Da marina Mer 20 Gen 2016, 16:19

Conosco bene i posti e concordo con te che sono magnifici!!

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Messaggio Da simpep Gio 21 Gen 2016, 11:22

Ho trovato una foto sul web.
La ghiacciaia che avevamo a casa dei miei era come questa.
Sopra si metteva il pezzo di blocco di ghiaccio, al centro le cose da tenere in fresco e nel cassetto sotto si raccoglieva l'acqua di scioglimento del ghiaccio.
L'interno del mobile era tutto rivestito in lamierino zincato.

Più che un frigo sembrava un "super-comodino"

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Messaggio Da differentgear Gio 21 Gen 2016, 12:32

ahahhaa divertente Smile
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Messaggio Da simpep Ven 29 Gen 2016, 14:53

Sempre dal siciliano una parola decisamente in disuso:

"Bummiàri"  (accento sulla "a")

Sparare bombe o dire cose strampalate.

Nel linguaggio gergale questa parola è utilizzata per indicare il comportamento di una persona che prende molti farmaci o che si droga.
La parola viene anche usata per indicare una persona che è stata imbottita di idee malsane o fantasiose.

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